lunedì 16 giugno 2014

CHE NE PENSATE DEL GELATO GROM?


L'avete mai assaggiato il gelato più trendy del momento?
Sto parlando del gelato Grom, il cui slogan recita: “Il gelato com'era una volta”.
Mi sento un po' tarda (e anche un po’ torda) a discuterne solo ora, dato che la prima gelateria è stata aperta nel 2003. Però, è pur vero che è passato qualche anno prima che questo gelato, partito da Torino, arrivasse ai palati dell'intero stivale e poi di tutto il mondo.
A dir la verità, ne avevo sentito parlare, per la prima volta, durante una puntata di Amici di qualche anno fa, quando Maria De Filippi, con l’intento di dimostrare la caparbietà e l’intraprendenza dei giovani imprenditori italiani, aveva invitato Guido Martinetti (cofondatore dell’attività insieme a Federico Grom) a raccontare la storia del loro gelato.

Ho avuto occasione di assaggiarlo oggi, in una domenica di riposo, colta dalla voglia di passeggiare e godermi le vetrine della città, carezzata dal venticello fresco di un weekend nuvoloso.
Non sono mai troppo ben disposta davanti ai cosiddetti franchising, soprattutto se si tratta di cibo. Vada per l'abbigliamento, gli accessori, l'home design, l'arredamento, ma l'idea del franchising legato al cibo è qualcosa che riesco a digerire solo quando sono all'estero e tento di scappare da opinabili locali del posto o quando decido di togliermi uno sfizio malsano da McDonalds (non credo succeda più di una volta all'anno).

Beh insomma, mi piazzo davanti alla gelateria con grande scetticismo, trascinata fondamentalmente dalla curiosità di mia madre.
Fuori un totem di quelli tipici dei ristorantini turistici delle grandi città, avete presente quelli a forma di leggìo che sorreggono i quadernoni del menù?
Il concetto che caratterizza la gelateria è quello di offrire gusti legati alle materie prime di stagione, dunque il totem ti da subito l'idea della varietà che troverai all'interno.
Il gelato si può definire semi-artigianale, nel senso che si tratta di un prodotto realizzato con tecniche artigianali e ingredienti rigorosamente genuini, ma comunque esportato e fornito alle filiali in forma semi-lavorata, dunque parzialmente preparato per essere poi finalizzato in gelateria.

Impressioni?
Non chiedetemi perché, ma non mi sono mai piaciute quelle gelaterie dove il gelato non è in vista. Quelle che sul bancone hanno i contenitori a pozzo con il “tappo” dalla forma simile ai coperchi dei barattoli per biscotti.
La sensazione è stata davvero quella di entrare in una gelateria degli anni ’60, di quelle che si vedono nei film di Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
Effettivamente, lo slogan dice: “il gelato com’era una volta”. Certo, ai signori Grom non si può dire che pecchino di incoerenza.

Gusti?
Pochi e non invitanti. Non so voi, ma io dal gelato mi aspetto innanzitutto varietà.
Una gelateria dev’essere in grado di soddisfare tanti palati, è inaccettabile che ci si accontenti di un gusto qualsiasi solo per un puro bisogno di refrigerio.
Se volessi solo rinfrescare le fauci, entrerei nel primo bar bettola che mi capita davanti e comprerei il classico ghiacciolo che regna nei freezer di tutti i lidi balneari nelle sue quattro versioni storiche: cola, limone, arancia e anice.
Alla fine, colta da un pizzico di sconforto, opto per un paio di gusti abbastanza tradizionali, yogurt e pistacchio.

Una cosa è da riconoscere: alla vista e al palato è subito identificabile un grande vanto della cultura Grom, la naturalità e la genuinità delle materie prime, senza aggiunta di coloranti e conservanti. Il pistacchio ha un colore tutt’altro che artificioso e si può tranquillamente riconoscerne e ruminarne la granella.
L’assenza di addensanti, però, se non naturali, non permette una buona consistenza del gelato, che rimane molto liquido.

Credetemi, non sto scimmiottando gli opinionisti gastronomici che riempiono le cucine televisive, nè prendendo posizione avversa per il desiderio di andare contro il fenomeno del momento. Sto semplicemente dando la mia impressione su un gelato, come avrei potuto fare nei confronti di qualsiasi altra gelateria, pizzeria, ristorante, ecc.
Ciò che differenzia questa mia personale e informale recensione da qualsiasi altra che avrei potuto scrivere è, però, una curiosità:
perchè Grom rimane la gelateria più trendy e gettonata del momento, nonostante io (normalissima ma importantissima consumatrice, come tutti gli altri) non ne sia rimasta soddisfatta? Se tutto sommato le opinioni generali, facendo un giro sul web e guardandosi un po’ intorno non sono così eccelse, cosa rende questa gelateria così attraente?

Dal lontano 2003 il marchio si è diffuso in 34 città italiane e in alcune delle più importanti town in giro per il mondo (New York, Parigi, Tokyo, Osaka e Malibù).
Oggi Federico e Guido rappresentano uno degli esempi più vincenti della imprenditorialità italiana, il loro fatturato annuo raggiunge decine di milioni di euro.
Qual è il loro segreto? Qual è quell’elemento che permette loro di rimanere in piedi nella giungla del mercato di oggi?
Aspetto con grande trepidazione i vostri commenti, intanto mi vado a fare un gelato…dove dico io. ;-)


lunedì 9 giugno 2014

SENTIRSI TURISTA A DUE PASSI DA CASA

Foto di Lorenzo Fotoincollina














Avete presente quei mandarini nani che regnano nelle nostre case soprattutto durante il periodo natalizio? Quei piccoli frutti arancioni che sembrano agrumi in miniatura e che trionfano nei cesti regalo e nei centrotavola vicino alla frutta secca?

Ecco, d’ora in poi, ogni qualvolta mi troverò sotto gli occhi quei frutti, non potrò far altro che pensare a una giornata in particolare.





La pianta da cui nascono questi teneri mandarini si chiama Calamondino. Un piccolo albero dal fascino ornamentale che trova le sue origini nel sud-est asiatico.
Ora, immaginate di approdare in un luogo dal panorama mozzafiato, accolti proprio dal profumo e dai colori di questa pianta posta all’ingresso di una villa dai caratteri eleganti e raffinati.
Un portiere, dalla divisa che ricorda un po’ lo stile circense, di quelle che si vedono solo nei film di Julia Roberts, vi accoglie accompagnandovi alla reception.
Colonne in marmo, sedute barocche, pareti decorate da tessuti pregiati, sale impreziosite da strategici punti luce naturali e arredamento che rievoca un’atmosfera da favola.














Il personale, maestro d’accoglienza, vi fa strada. 
Per voi una camera dedicata al cambio. Chaise longue, doccia, accappatoio, ciabattine e tutto quello che serve per prepararvi al vostro momento di relax.
No, non vi ho portato nelle terre della sacra ospitalità thailandese. Il posto è molto più vicino a noi.
Il panorama è quello incantevole del Lago Maggiore e l’accoglienza è quella signorile e raffinata di Villa Aminta, a Stresa.
















Calamondino è il nome del neo inaugurato ristorante, Food and Wellness Experience è la filosofia che ne sta alla base.
Nell’era del lusso accessibile a tutti, la differenza la fa proprio una location come questa.  Sdoganata la classica concezione dell’hotel sul lago, squisitamente dedicato e pensato per gli amici svizzeri, tedeschi e nord-europei (che indiscutibilmente contribuiscono al sostegno turistico delle nostre zone), Villa Aminta e Calamondino si rendono accessibili anche a chiunque voglia concedersi una giornata di vacanza e relax a due passi da casa.
Con una cifra sinceramente democratica (per darvi un’idea, potrebbe essere l’equivalente del costo di un video gioco appena uscito, un paio di scarpe o una borsa in saldo, una cena o un massaggio) si ha la possibilità di regalarsi uno sfizio: ingresso in piscina, accesso alla spa e opportunità di degustare (favolosamente in accappatoio!) un pranzo dai sapori orientali e dai colori scenografici.



Foto di Lorenzo Fotoincollina




























Una giornata di tintarella (con qualche arrossamento da prima esposizione :-p), drink rinfrescante, trattamenti spa, pranzo in accappatoio, gitarella in barca con partenza dal molo privato della Villa, visita alle Isole Borromee, aperitivo a bordo piscina e cena con vista del tramonto sul lago.

Foto di Lorenzo Fotoincollina


Foto di Lorenzo Fotoincollina


L’incontro con Andrea. Parigina, dai modi chick e dal look vacanziero che ha viaggiato sul concorde. Lei, professionista affermata che identifica tutti gli amici italiani con nomi di cibo perché non ne riesce a pronunciare i cognomi (Dott. Focaccia, Sig.ra Pappardella, Sig. Vongole), ha deciso che la vita è troppo bella per essere soffocata dallo stress e dai dispiaceri. E’ arrivata in Italia e ha comprato casa a Stresa.
Racconti e storie di vita condivise nel tempo di una passeggiata.

La sera, sulla via del ritorno verso casa, costeggiando il lago illuminato, grande suggestione: libertà, arricchimento, nostalgia, relax, distensione, ricordo.


Proprio come quando si rientra da una vacanza. Bella sensazione, una turista a due passi da casa.